53 - 25 Novembre 2016

L’ETÀ D’ORO

Benedetta Pirovano
2016

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Io non so che genere di madre sono stata, se sono stata una buona madre, una cattiva madre. Non lo so, mi sono interrogata ma non ho trovato una risposta convincente forse questa risposta tu ce l’hai. In ogni caso per me è troppo tardi per rimediare agli errori che sicuramente ho fatto, ma sono sicura di una cosa e cioè che noi ti abbiamo dato qualcosa che forse non dovresti sottovalutare. Ti abbiamo dato uno sguardo, ti abbiamo insegnato a guardare il mondo, conservando la capacità di stupirti, di emozionarti e forse è un dono che tu hai nascosto da qualche parte in fondo a te stesso, che hai deciso di non usare ma sono sicura che è riposto e non dimenticato come diceva Andersen, che sta da qualche parte perché eri un bambino meraviglioso e quindi questo dono è una ricchezza credo straordinaria che non dovresti sottovalutare.  Qualcosa che credo ti abbiamo trasmesso e che tu a tua volta trasmetterai a tuo figlio che io purtroppo ho conosciuto molto poco e insomma quello che voglio dire è che vorrei che tu conservassi questa capacità di stupirti, di emozionarti di fronte alla bellezza, alla poesia, ai ricordi, alla libertà, alla giustizia, all’innocenza, alla vita.

 

Non so se servono altre parole per dire quello che mi ha mosso dentro questo film. Chi è una buona madre? Quanto paghiamo o quanto pagheremo salato il conto che ci presenteranno i nostri figli da adulti? Questo film mi ha parlato dei sogni di una madre, i suoi sogni personali, che si scontrano con le necessità di un bambino, un bambino meraviglioso, appunto, ma pur sempre un bambino. La rabbia di quel bambino, diventato uomo, il suo silenzio, la sua assenza punitiva, le sue accuse sono un conto molto salato. Una madre che però sopravvive insieme ai suoi sogni, insieme alle sue incertezze e ai suoi dubbi. Ma una madre che sopravvive a questa assenza, quanto soffre? Eppure chissà dove sta la verità, se c’è una sola verità. O se invece ci sono due sogni, semplicemente, che talvolta non sono compatibili. Ma quando diventiamo madri dovremmo forse rinunciare a un pezzo di noi? Chissà se c’è una risposta oppure se ce ne sono mille. Una madre che si chiede alla fine della sua vita che madre è stata, siamo tutte noi.

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