51 - 29 Novembre 2016

LA TENTAZIONE DI ESSERE FELICI

Lorenzo Marone
Longanesi 2015

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La vita terrena dovrebbe essere come un viaggio in Oriente, un’esperienza che ci apre la mente e ci rende esseri speciali. Invece accade l’esatto contrario, ci tirano fuori dal buco nero che siamo candidi ed ecco che ci infilano in una cassa che ne abbiamo combinate di tutti i colori. Mi sa che qualcosa, nel lasso di tempo che restiamo quaggiù, non funziona a dovere.

Mi chiedo spesso come sarò da vecchia, intravedo la mia persona invecchiata e mi chiedo come sarò.
Faccio mille progetti per quando arriverà quell’età, ne faccio troppi, come se tutta questa parte di vita non fosse che un’attesa. Sono consapevole che con l’età i miei difetti, tanti, si accentueranno. Oppure troverò la saggezza tipica della vecchiaia, che mi è sempre mancata. La saggezza che oggi mi fa sembrare migliore qualcuno che è stato molto inquieto in gioventù, come me, appunto.
O forse sarò come Cesare Annunziata, un vecchio rompiscatole che ai miei occhi ha il grande merito di non giudicare nessuno, nemmeno i suoi figli, e di chieder loro solo una cosa: di non essere giudicato a sua volta.
Cesare e Napoli, Napoli da cui il mio sangue proviene e che mi manca, sempre, come se ci avessi vissuto. 

Nelle viuzze di Chiaia, per esempio, le sere d’estate si riescono ad ascoltare i tacchi delle signore che camminano sicure sui ciottoli, qualche risolino in lontananza, o due bicchieri che si toccano appena dietro il vicolo. Posillipo, invece, sembra muta, con le strade ampie e deserte che si dipanano silenziose sulla collina, mentre la città poco più giù appare ovattata. Devi saper ascoltare con attenzione i vagiti dei quartieri nobili se vuoi imparare a conoscerli. Nel centro storico, invece, bisogna saper distinguere, prestare attenzione solo a ciò che interessa, separare i suoni, come le tracce di una canzone da mixare. Così puoi gustarti il vocio degli studenti che vagano fra i vicoli antichi, il frastuono di posate che zampilla dalle trattorie, le tante campane che battono la domenica mattina, il richiamo dei venditori ambulanti, la voce rauca e malferma di un vecchio che suona la fisarmonica ai piedi di una basilica sprangata e dimenticata. Per gustarti tutto ciò devi, però, cancellare il ronzio dei motorini che infestano le strade, le urla di donne che di azzuffano per un nonnulla, la voce di un neo melodico che esplode dai finestrini di un’auto”. 

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