52 - 16 Novembre 2016

LA VITA CHE SI AMA

Roberto Vecchioni
Einaudi 2016

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Io mi caccio in un angolo e, improvvisamente, mi tornano tutte le sere passate in Seicento con te, sulla montagnetta di San Siro. E mi metto a suonare, istintivamente, buttando giù le prime parole che capitano. Forse quegli inverni, tutti quegli inverni, sono stati le nostre estati; forse dovrò raccontare anche che non sono stato capace di dire qualche no, che tu ti nascondevi e io ti trovavo, ti amavo, giocavo il tempo. Forse in questa canzone (ma qualcuno l’ascolterà mai?) dovrò anche metterci Milano e le sue luci che non saranno mai più uguali, non saranno mai più le stesse. 〈…〉

E se tu fossi rimasta?
Se tu non mi avessi lasciato non avrei scritto Luci a San Siro, se fossi tornata a dirmi: «Ho sbagliato, scusa, ti amo», quella canzone non sarebbe mai nata.
Quella specie di amore sarebbe durato forse mesi forse anni, poi sarebbe finito.
E non ci sarebbe più stato l’amore.
E nemmeno lo strazio.
E invece lo strazio, quel pugnale nel cuore, l’addio di quella sera è svanito, svaporato, non fa più male, ma la commozione che mi prende ogni volta per quella canzone è viva e lo sarà per sempre.
Si maschera da dolore a volte, la felicità.

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E mentre cerco di scegliere il pezzo per questo post e non ci riesco e sfoglio, sfoglio ancora le pagine, in avanti e indietro, poi di nuovo in avanti, capisco che questo libro amato, stropicciato e sottolineato è tutta una citazione. Mille orecchie fatte per indicare le frasi che sono arrivate giù, quelle che non devo dimenticare. È tutto un colpo al cuore e, all’improvviso, mi è chiaro perché niente al mondo mi commuova di più che sentire cantare  da te «Milano mia, portami via», Roberto Vecchioni.

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