10 COSE CHE SO DI NAPOLI
Le cose che so di Napoli sono quelle che mi dice il mio cuore, che è napoletano per metà.
Ma come ogni napoletano sa, non sei mai napoletano per metà.
Lo sei o non lo sei, anche con un solo genitore napoletano.
Io lo sono, per esempio, anche se ho la faccia milanese, mia sorella no.
Le ho riconosciute tutte, le cose che so di Napoli, una in fila all’altra la prima volta che ci sono andata.
Erano quelle che avevo già dentro di me e a cui non ero ancora riuscita a dare un nome.
È un fatto che ha a che fare con le radici che ci chiamano, sempre. Il sangue non lo freghi.
Ma se le radici sono napoletane forse un po’ di più. Per via di tutto quel casino e quell’eccezione e quell’eccesso che significa avere sangue napoletano nelle vene.
Il mare in città ti cambia lo sguardo e la vita, questa è la prima cosa che so di Napoli.
Se hai la fortuna di nascerci e di crescerci vicino, ti manca l’aria se non lo vedi più.
Ti promette orizzonti infiniti e la possibilità di uno sguardo sempre oltre, dall’altro lato quando questo lato qui si fa complicato.
Chi se ne è andato da Napoli, chi è emigrato, ha chiamato per tutta la vita claustrofobia quella che era mancanza assoluta del mare.
La seconda cosa che so di Napoli è il sentimento, la smania come dite voi.
Quella che ti fa essere irrazionale, folle, inquieto, incontenibile.
La terza cosa che so di Napoli è la cultura.
Siete nati e cresciuti in mezzo ai milioni di storie che fanno di Napoli la culla della nostra cultura. E chi se lo è dimenticato, o non lo ha mai saputo, ha un grosso buco di cultura, appunto.
Ogni napoletano conosce la sua città in un modo che nessun milanese mai.
Ti saprà raccontare ogni pietra, ogni chiesa, ogni madonnina, ogni vicolo.
La quarta cosa che so di Napoli è che tutto si aggiusta.
Il tempo quando è storto, il mare quando è agitato, il Vesuvio se borbotta, l’altro automobilista che poi alla fine si ferma quando deve.
La quinta cosa che so di Napoli è la canzone. Napoletana.
Non si può spiegare e non si può sintetizzare cosa sia la canzone napoletana per un napoletano.
Forse è un pezzo del suo cuore che si è staccato da lui e va in giro per il mondo. Forse è la sua infanzia e la sua origine.
Tanti anni fa una persona, un napoletano che non dimentico, mi portava in giro per i locali di Napoli e mi traduceva simultaneamente i testi delle canzoni.
Mi parlava dei vostri poeti, mi spiegava le storie di queste canzoni.
Del tradimento, della smania, della palomma ‘e notte, delle cerase rosse e di quello che succedeva a maggio.
Io quelle parole di quel signore che amo più di un parente vero non le ho mai dimenticate.
Si ‘sta voce, che chiagne ‘int’ ‘a nuttata,
te sceta ‘o sposo, nun avé paura…
Vide ch’è senza nomme ‘a serenata,
dille ca dorme e che se rassicura…
Dille accussì: “Chi canta ‘int’a ‘sta via
O sarrà pazzo o more ‘e gelusia.
Starrà chiagnenno quacche ‘nfamità.
Canta isso sulo. Ma che canta a ffà?”Musica: Ernesto De Curtis
Versi: Eduardo Nicolardi
Anno: 1904
La sesta cosa che so di Napoli sono le storie, le leggende, quelle dei vicoli, dei quartieri, delle comunità in cui tutti si aiutavano.
Siete tutti un po’ cantastorie e se tu un napoletano lo conosci, se tu a un napoletano vuoi bene, se Napoli la ami attraverso i suoi occhi, quelle storie ti si appiccicano addosso.
La settima cosa che so di Napoli sono i suoi mille colori, forse quelli di Pino Daniele, non sono tutti belli, lo so. Però.
I non colori del sottosuolo anche, delle stratificazioni millenarie, della Napoli sotterranea.
L’ottava cosa che so di Napoli sono i presepi.
La via dei presepi, San Gregorio Armeno che fa Natale anche d’estate, le statuine dei presepi, la perfezione dell’artigianato dei presepi, i presepi sotto la campana di vetro.
La nona cosa che so di Napoli è l’ospitalità.
Quella che non ti consente di andare in albergo quando hai un amico napoletano. A meno che tu non ci vada di nascosto, no non è possibile.
La decima cosa che so di Napoli è che se nel tuo sangue c’è del sangue napoletano quando te ne vai da qui, ci lasci un pezzetto di te.
E se da qui te ne sei andata bambina a 16 anni, potrai far finta di aver dimenticato, potrai avere anche cancellato l’accento dalla tua voce.
Ma ogni volta che un treno ti aspetterà sulla banchina per ripartire, sarà lo stesso dolore lontano a ritornare.
E magari sceglierai di non tornarci più.
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