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LA VITA CHE SI AMA

LA VITA CHE SI AMA

Roberto Vecchioni
Einaudi 2016

Io mi caccio in un angolo e, improvvisamente, mi tornano tutte le sere passate in Seicento con te, sulla montagnetta di San Siro. E mi metto a suonare, istintivamente, buttando giù le prime parole che capitano. Forse quegli inverni, tutti quegli inverni, sono stati le nostre estati; forse dovrò raccontare anche che non sono stato capace di dire qualche no, che tu ti nascondevi e io ti trovavo, ti amavo, giocavo il tempo. Forse in questa canzone (ma qualcuno l’ascolterà mai?) dovrò anche metterci Milano e le sue luci che non saranno mai più uguali, non saranno mai più le stesse. 〈…〉

E se tu fossi rimasta?
Se tu non mi avessi lasciato non avrei scritto Luci a San Siro, se fossi tornata a dirmi: «Ho sbagliato, scusa, ti amo», quella canzone non sarebbe mai nata.
Quella specie di amore sarebbe durato forse mesi forse anni, poi sarebbe finito.
E non ci sarebbe più stato l’amore.
E nemmeno lo strazio.
E invece lo strazio, quel pugnale nel cuore, l’addio di quella sera è svanito, svaporato, non fa più male, ma la commozione che mi prende ogni volta per quella canzone è viva e lo sarà per sempre.
Si maschera da dolore a volte, la felicità.

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E mentre cerco di scegliere il pezzo per questo post e non ci riesco e sfoglio, sfoglio ancora le pagine, in avanti e indietro, poi di nuovo in avanti, capisco che questo libro amato, stropicciato e sottolineato è tutta una citazione. Mille orecchie fatte per indicare le frasi che sono arrivate giù, quelle che non devo dimenticare. È tutto un colpo al cuore e, all’improvviso, mi è chiaro perché niente al mondo mi commuova di più che sentire cantare  da te «Milano mia, portami via», Roberto Vecchioni.

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