34 - 13 Gennaio 2020

I MIEI 7 ANNI SENZA SIGARETTE 

i miei 7 anni senza sigarette

Pensavo ieri al mio amico Carlo.

Ormai ci scriviamo messaggi da 20 anni, prima sms e poi whatsapp.

Più invecchiamo e meno ci vediamo, ma si sa.

Quando ha compiuto 40 anni, 10 anni fa, ho trascritto su una Moleskine nera tutti gli sms deliranti che ci eravamo scritti nei 10 anni precedenti.

Roba da matti.

Da un anno ci scriviamo solo e soltanto di una cosa: delle sigarette che non fumiamo più.

Lui non fuma più perché i medici glielo hanno proibito da un anno, io perché me lo sono proibita da sette anni.

L’ultima mia sigaretta l’ho spenta il 10 gennaio 2013.

Così, come spesso faccio io, dalla sera alla mattina, decido.

Era un po’ di tempo che mi sentivo schiava della mia adorata sigaretta.

E se io non mi sento libera, non va bene.

E così, raccontandomi che era solo per un po’, tenendomi in borsa un pacchetto iniziato, ho messo via un giorno dopo l’altro.

Li ho accumulati, ho smesso poi di pensarci e ora li conto, sono 7 anni.

Però.

Devo dire che:

  • adoro il fumo passivo: se qualcuno fuma vicino a me, annuso
  • se bevo un aperitivo con un amico fumatore gli suggerisco, fumi l’ultima e andiamo?
  • non mi sembra di stare meglio, di avere più fiato o di sentire meglio i sapori

Detto questo, so che mi sono fatta un regalo, rinunciando alle sigarette, lo so.

E quindi, non ricomincerò a fumare, ne sono abbastanza certa.

Abbastanza.

Anche perché non conosco le mezze misure e quindi l’ipotesi “una al giorno” con me non funziona.

Io e il mio amico Carlo quando qualcuno ci dice che comincia a fumare di sera ci infuriamo.

Ma come fai a non pensare alle sigarette tutto il giorno?

Un’altra cosa che ci fa sclerare e di cui informiamo immediatamente l’altro è quando vediamo i vecchietti fumare come delle ciminiere.

Io a Capodanno ne ero circondata e scrivevo a Carlo: ma come noi abbiamo smesso prima dei 50 e questi ottantenni fumano da sempre come se non ci fosse un domani?

Però con mia figlia 14enne, che contribuì e non poco alla decisione quando aveva solo 7 anni, ho un patto: se cominci tu, ricomincio anch’io.

Di come io abbia iniziato a fumare vi racconterò un’altra volta perché ce n’è da raccontare.

Sappiate solo che ho cominciato da grande, di nascosto dai miei genitori e che furono i miei bambini (piccoli) a dirlo a mio padre. Vabbè.

Insomma, mai dire mai. Perché secondo me un ex fumatore è sempre lì, sull’orlo del baratro.

Puoi anche non fumare per dieci anni ma rimani un fumatore nella testa, nell’animo, nello sguardo.

Tornando al mio amico Carlo, siamo piuttosto incazzati.

Ma lui sicuramente più di me perché non lo ha scelto di smettere di fumare.

Glielo hanno imposto, e quando qualcuno ti impone qualcosa, a gente come noi non va più giù.

Lui peraltro non aveva mai neanche lontanamente pensato di smettere o anche solo diminuire il numero di sigarette.

Era il fumatore più felice, convinto e consapevole che io avessi mai conosciuto.

E ora è sicuramente l’ex fumatore più triste che io abbia mai conosciuto.

Ci sarebbe, in effetti, da chiedere a un medico (c’è un medico in sala?) che tipo di effetti possa avere l’umore di un ex fumatore sulla sua salute.

Qualcosa mi dice che la questione non sia così semplice.

Peraltro Carlo, che si atteggia da ribelle, in realtà è ligio, obbediente e anche parecchio ipocondriaco.

Quindi non si azzarderebbe mai ad accenderne una contro il parere dei medici.

È chiaro che abbiamo valutato le sigarette elettroniche e le altre varianti.

Ma.

Piuttosto niente, dice lui.

Ieri pensando al mio amico Carlo e al nostro problema delle sigarette gli ho scritto, certo che quando fumavamo eravamo più simpatici.

Eravamo giovani e leggevamo Due di Due di Andrea De Carlo e anche Le mille luci di New York di Jay McInerney.

C’è stato un momento della nostra vita in cui ci siamo davvero sentiti scrittori che dovevano giustamente piazzarsi al bar, meglio se bistrot, con vino rosso, sigaretta e taccuino.

Avevamo come principale pensiero quello di girare per locali bevendo svariati aperitivi che duravano fino alle 22.

Andavamo poi a cena, commettendo il solito errore di scendere di gradazione, vabbè.

Un giorno io e il mio amico Carlo abbiamo capito che uscivamo a cena solo per poter andare a fumare tra una portata e l’altra.

Mangiare a quel tempo ci interessava poco.

A ogni portata una pausa sigaretta. O meglio dopo ogni sigaretta una portata.

In spiaggia, invece, mangiavamo mentine tra una sigaretta e l’altra.

Tutto il giorno. Ci purificavano, le mentine, ne eravamo convinti.

Diciamocelo, fumavamo come se non ci fosse un domani.

Proprio mentre sto scrivendo questo post, il mio amico Carlo mi manda uno dei suoi messaggi.

In realtà i non fumatori sono persone a disagio, socializzano meno, rompono i coglioni. Pensa quanto era bello dire: Dai, ci fumiamo l’ultima e poi andiamo. E di fronte avevamo un posacenere pieno che significava almeno un paio di ore a parlare, bere, fumare. Erano tempi belli, eravamo immortali.

Ci piace scherzare e dirci che di quegli anni ci sono restate solo le mentine.

Invece ci è rimasto molto di più di una sigaretta che non c’è più.

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