55 - 11 Dicembre 2016

QUELLA NOTTE SONO IO

Giovanni Floris
Rizzoli 2016

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Nelle mie intenzioni Quella notte sono io non è un racconto sul senso di colpa, ma sul senso di responsabilità. Sulla capacità di essere presenti a se stessi mentre si prendono le decisioni, prevedendo le conseguenze di quello che si fa.
Comprendere l’importanza di ogni propria azione non è facile, è una qualità rara, così come lo sono essere in grado di apprezzare le differenze e il coraggio di difendere quelli che, sul momento, sembrano essere i più deboli. Tra l’altro, prima o poi, capita a tutti di essere i più deboli; bisogna tenere duro, poi passa. E si capisce che nessuno è più forte dell’altro.

Quella notte sono io, perché ci sono degli eventi della nostra vita che ci cambiano talmente in profondità che diventi tu, quell’evento. Quando Giovanni Floris ci parla della nostra adolescenza e degli anni del liceo, ci sta parlando di quel periodo indimenticabile in cui il nostro cervello impara la maggior parte delle cose che poi ricorderà.

Il tempo della formazione ha un peso specifico superiore al resto del tempo della vita. Abbiamo vissuto insieme tre, quattro anni, ma è come se ne avessimo condivisi trenta, o quaranta. (…) Perché gli occhiali per vedere il mondo li acquisti prima dei vent’anni, e poi per tutta la vita cambi la montatura ma non le lenti.

E quante volte da grande mi sono voltata indietro e ho pensato che gran culo che ho avuto quella volta lì, che poteva finire male, male davvero. Un colpo di fortuna o un colpo di sfortuna. E la tua vita cambia. Ci sono volte in cui un errore solo è troppo.
Quante certezze si hanno da giovani, su di noi e sugli altri, non c’è futuro, non c’è passato ma solo presente onnipotente che detta le regole. Quante convinzioni che sembrano inossidabili, su cosa è normale e su cosa non lo è. Su chi è normale e su chi non lo è, soprattutto.
E quanta cattiveria c’è nella nostra gioventù, talvolta. La cattiveria del giudizio, dell’essere sicuri. Quanto male capita di fare da giovani agli altri, senza minimamente rendersene conto, senza sospettare vagamente che gli altri poi alla fine siamo noi. Quanta poca pietà nelle sicurezze dei giovani. Sono le stesse che invecchiando ci guardano mentre si sgretolano una dopo l’altra, in fila sulla balaustra di quel futuro neanche lontanamente immaginato.
E ogni tanto penso che la vita dovremmo percorrerla al contrario per arrivare a quella età con la consapevolezza del bene e del male, che sono così mescolati e confusi prima. Ma appunto non sarebbe più giovinezza, se fosse così. 

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