DI OPEN DAY E SCELTE IMPERFETTE
Open Day. Le mamme di ogni ordine e grado lo sanno.
Questi sono i giorni, posso dire terribili?, degli Open Day.
Penso soprattutto a Milano, la mia città, ma immagino sia così dappertutto. Ditemi che è così dappertutto, vi prego!
Certo, qua ci mettiamo l’aggravante di essere milanesi e noi gli Open Day li facciamo da milanesi.
E quindi ce li spariamo tutti con metodo, non ne saltiamo uno, calendarizziamo le presentazioni serali e le giornate aperte, i laboratori e le lezioni di prova.
Sottoponiamo noi e i nostri figli a un tour de force mostruoso, questo qui degli Open Day, appunto.
Sia mai che quella che saltiamo sia proprio la scuola giusta.
Con quella folle ostinazione tutta milanese di volere vagliare i pro e i contro in anticipo, di preparare budget e consuntivi prima del tempo, calcolando costi e benefici, annessi e connessi compresi.
Non lasciamo nulla di intentato.
Ci illudiamo in questo modo di controllare il futuro, il nostro e il loro, di pilotarne il destino, di limitare i danni, di uscire indenni dal delirio che ci e li aspetta, di proteggerli o viceversa di temprarli in vista di chissà quale sfolgorante carriera.
In estrema sintesi di fare la scelta giusta.
C’è chi inizia questo giro di Open Day già all’asilo, come se scegliere l’asilo giusto possa metterci in salvo.
Gli Open Day sono il posto in cui i presidi ti vendono il loro prodotto, la scuola, e pochissimo hanno a che vedere con la vera verità.
Conosco chi prima di iscrivere l’amato pargolo alle elementari si è girato una decina di scuole per poi iscriverlo nella propria scuola pubblica di zona.
E poi passare il quinquennio successivo attanagliato dal dubbio, nell’eterno dilemma di aver fatto la scelta sbagliata, quella imperfetta.
Ma il meglio cominciamo a darlo quando dobbiamo scegliere la scuola media e di più quando bisogna decidere il Liceo giusto.
Invidiamo, talvolta, chi ha intrapreso un unico sicuro percorso dell’asilo alla maturità, generalmente in scuole blasonate oppure straniere.
Si entra a 3 anni e si esce a 18. Fine.
Nessun dubbio, nessun Open Day massacrante a seminare panico, instillare incertezze e provocare crisi familiari.
Certo, ogni tanto assale il pensiero: non staremo mica ghettizzandoli, privandoli della varietà del mondo, rinchiudendoli per 15 anni nelle stesse quattro mura, sicure si fa per dire, senz’altro omologate e omogenee?
Quattro mura che tengono al sicuro soprattutto mamma e papà.
Però poi torniamo ad invidiare quella scelta, nessun Open Day, nessun giro di giostra, tante rassicuranti certezze.
Io ogni tanto mi stacco da me stessa e guardo questo circo, che mi vede in prima fila, dall’alto. E mi faccio tenerezza, insieme alle altre mamme del mondo, posso dire pena?
Nella convinzione illusoria che sia di fondamentale importanza il percorso scolastico perfetto, ammesso che esista, io comincio a pensare che non esista.
Come se questo ci mettesse tutti al riparo dalla casualità che invece governa il mondo, come se il successo a 8, 12, 15 anni potesse essere garanzia del successo futuro.
Come se tutto questo sbattersi ci potesse in qualche modo preservare dai rischi e dai pericoli a cui tutti, senza eccezione di scuola e di scelta perfetta, andremo incontro.
Quando invece dovremmo solo stringerci ai nostri ragazzi, farci il segno della croce e sperare.
Che tanto di certezze a questo mondo non ce n’è.
1 comments