62 - 15 Gennaio 2018

LE TRE DEL MATTINO,
L’ULTIMO LIBRO DI GIANRICO CAROFIGLIO

Gianrico Carofiglio
Einaudi 2017

Nel vero senso della parola, mentre leggevo piangevo. Me lo sono portata al mare in mezzo al vento e pure in montagna in mezzo a metri di neve.

Ma, ovunque io fossi, Le tre del mattino mi ha fatto piangere. 

Perché questo libro parla di un padre e di un figlio, maschio e adolescente. Di 48 ore della loro vita che li cambiano per sempre. E che li scoprono l’uno all’altro. 

Leggerete sicuramente tante recensioni de Le tre del mattino e la mia non vuole esserlo.

Voglio solo raccontarvi cosa mi ha preso mentre lo leggevo.

Le tre del mattino mi ha fatto commuovere per mille motivi.

Amo da sempre i libri di Gianrico Carofiglio, le frasi, le sue parole semplici ed efficaci.

Ma non è questo.

È proprio la trama de Le tre del mattino il punto: un padre e un figlio, un viaggio.

Anzi è proprio la figura del padre che mi ha commosso. Così imbrigliato nei preconcetti, nei suoi errori, nel suo silenzio.

Sarà che Le tre del mattino si svolge prima, prima dei cellulari, prima del mondo così veloce, prima della comunicazione che è diventata una non comunicazione.

Rifletto sempre sulla figura del padre in un’epoca come questa, dove gli uomini, alla mia età sopratutto, sono così confusi.

Sul loro ruolo, sulla loro autorevolezza, sulla loro capacità di creare il rapporto che credo e temo per i futuri uomini sia il più importante.

Lo vedo intorno a me, nei bambini che vedo crescere senza il riferimento di un uomo che sappia essere un uomo, che sappia essere un padre.

Che sappia soprattutto esserci, con i suoi dubbi, le sue imperfezioni, la sua umanità, i suoi errori.

Lo vedo anche nei cinquantenni, nei miei coetanei, quel buco lì che non sai mai dove inizia e dove finisce.

Non che sia una cosa facile, eh, essere padre. Però bisogna, sì bisogna perché un figlio è una roba seria.

Certe volte ti accorgi che i rapporti si fallano su degli equivoci, sui non detti, sui muri che ci mettiamo in mezzo.

Ne Le tre del mattino un ragazzo scopre suo padre in 48 ore ed era convinto di sapere tutto su di lui.

Io penso che non sia mai troppo tardi, fino a quel momento là, per parlarsi, per condividere, per scoprirsi, per comprendersi, per perdonarsi.

Che poi i rimpianti non servono a molto. Serve dirsi, serve fare, serve abbracciarsi.

“Osservando voi adulti, penso spesso che siete intrappolati da cose di cui non vi importa niente. Come succede? Quando succede?”

“Stabilire quando è impossibile. Non è il risultato di una discontinuità improvvisa, succede un giorno dopo l’altro, come per effetto di uno smottamento che a volte è impercettibile. Te ne accorgi dopo anni. Ti carichi di cose superflue, intendo oggetti, impegni, relazioni personali e tutte queste cose diventano altrettanti fili invisibili che ti avviluppano sempre di più, appunto un giorno dopo l’altro, come una ragnatela.

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